L’industria statunitense delle materie plastiche denuncia in questi giorni le conseguenze che i dazi su acciaio e alluminio (rispettivamente del 25 e del 10%), voluti dal Presidente Trump, potrebbero avere sull’occupazione, definendole letali per il settore in quanto aumenterebbero di molto i costi per i costruttori di stampi e macchinari.
Nonostante alcuni aspetti del provvedimento restino ancora da chiarire, la Plastics Industry Association ha recentemente sollecitato i propri Associati a premere sul Congresso, denunciando che i dazi potrebbero causare un drastico aumento dei costi (trasferendoli gioco-forza a valle della catena di fornitura fino al consumatore finale) e indebolire lo slancio economico derivante dal recente taglio delle tasse.
Canada e Messico in un primo momento, almeno fino a che le rinegoziazioni del NAFTA sono in corso, dovrebbero essere esclusi dai dazi, così come potrebbero esserci delle aperture anche nei confronti di altri paesi.
L’obiettivo presidenziale resta il rilancio dell’occupazione nella siderurgia a stelle e strisce, anche se i vertici della Plastics Industry Association sono di parere diametralmente opposto, ben conoscendo la forte dipendenza dell’industria delle materie plastiche da acciaio e alluminio.
All’opposizione esercitata dalla locale Associazione di categoria si unisce quella dell’American Chemistry Council, secondo cui gli investimenti in nuovi siti produttivi (stimati intorno ai 185 milioni di dollari) potrebbero essere in pericolo.
Inoltre, sempre secondo la ACC, i dazi potrebbero spingere i mercati che attualmente assorbono buona parte del surplus americano di resine a bloccare le importazioni, ulteriormente danneggiando l’industria delle materie prime.